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Mario Alessi - L'assassino di Tommy

Mario Alessi, l'uomo che ha confessato di aver sequestrato e subito dopo ucciso il piccolo Tommy solo perché si era messo a piangere, è un manovale di 44 anni, originario di San Biagio Platani, in provincia di Agrigento, che aveva tentato la fortuna a Nord, trasferendosi vicino Parma, dove aveva messo su una piccola impresa edile. Una scelta fatta anche per dimenticare il passato. Mentre proseguono le indagini sul rapimento e l'uccisione del piccolo Tommaso Onofri, emergono sempre più particolari sui precedenti penali di uno degli indagati, Mario Alessi. Il muratore, quattro anni fa, fu condannato, con giudizio di secondo grado, proprio per sequestro di persona. Alessi, infatti, sequestrò una coppia di ragazzi Agrigentini, violentò la donna e picchiò il giovane fidanzato. Condannato a sei anni di reclusione, non era ristretto ma solo vincolato dall'obbligo di dimora. Proprio per questa circostanza, il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha disposto un'ispezione presso il Tribunale di Agrigento. Nell'ordinanza di custodia cautelare, il magistrato Walter Carlisi scriveva: "Lo svolgimento dei fatti, per modalità e gravità, denota una personalità violenta tale da far presumere il concretissimo pericolo di reiterazione". In altre parole, il giudice ipotizzava, nell'Agosto 2003, il rischio che Alessi potesse ripetere il reato per il quale era sottoposto a giudizio. Il richiamo alla gravità dell'episodio non pare fuori luogo: raccapricciante, infatti, la dinamica del sequestro e della violenza. I due giovani si erano appartati in macchina, attorno a San Biagio Platani. Alessi con un complice misero fuori uso l'impianto elettrico dell'auto, rapinarono i due ragazzi, legarono il ragazzo a un albero ed abusarono più volte, davanti ai suoi occhi, della fidanzata. Il 23 Giugno prossimo sarà celebrata l'udienza, presso la Terza sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata - su ricorso di Alessi - a valutare la correttezza della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo l'11 Febbraio 2004. La prima condanna era stata comminata il 26 Marzo 2002. Cesare Fontanesi, cognato dei genitori di Tommaso, ha dichiarato che nessuno, in famiglia, conosceva questo precedente di Alessi. "Siamo forse troppo buoni - ha aggiunto Fontanesi - e abbastanza aperti. Abbiamo sempre accolto tutti in casa nostra: forse dovremmo cambiare modo di vedere le cose adesso".

Un passato fitto di ombre. Il suo gemello, Salvatore, dopo una lite in famiglia, la cui dinamica non è mai stata del tutto chiarita, finì sulla sedia a rotelle. ''Mario è rimasto traumatizzato da quella storia'', ha raccontato proprio due giorni fa il fratello, che vive in Sicilia, senza entrare nei dettagli di quella vicenda, accaduta nel 1977. Tanti anni fa.

Alessi conosceva la famiglia Onori. Ha casa a Coenzo, frazione di Sorbolo proprio a poca distanza da loro. E gli Onofri avevano voluto che fosse lui a occuparsi dei lavori del loro casolare a Casalbaroncolo. Un'abitazione di cui il muratore conosceva ogni angolo, compreso il luogo dove si trovava il contatore della luce. Un dettaglio importante nella ricostruzione della dinamica del sequestro del piccolo Tommaso. I rapitori infatti prima di entrare in casa tolsero la luce.

Aveva sempre negato. Anche lui è padre di un bambino piccolo, il figlio ha sei anni, ha ripetuto più volte in questi giorni, cercando di mostrare un fondo di umanità smentito dall'agghiacciante confessione di oggi. ''Mi sento di dire che una cosa così non va fatta. I bambini vanno lasciati in pace, con i loro genitori. Ai rapitori dico di lasciare subito libero Tommaso e che si presentino davanti alla giustizia e si assumano le loro responsabilità''. Queste le sue parole. Parole pronunciate mentre la sua donna, Antonella Conserva, gli stringeva la mano.

A inchiodarlo però un alibi fragile. Alessi aveva detto agli inquirenti che al momento del sequestro si trovava in un bar, ma era stato poi smentito dalla padrona che aveva assicurato che il 2 Marzo tra le 19.30 e le 20.15 nel suo locale non era entrato proprio nessuno. ''Io il 2 Marzo in quel bar c'ero, ho preso un caffè e sono uscito fuori perché aspettavo una persona - aveva ripetuto più volte agli investigatori -. Non ho più la faccia per andare in giro. Ho l'impressione che la gente mi guardi, come per dire "guarda lì chi c'è. Mi hanno rovinato l'esistenza sia a me che alla mia famiglia''. E in difesa di quel figlio che non vede da tempo, aveva parlato anche la madre dal paese dove risiede, San Biagio Platani. ''Lo difendo strenuamente, per me Alessio è una stella'', aveva detto. ''Mario era a Casalbaroncolo per lavoro, lui lavora. Non sapevo che prestasse opera dagli Onofri ma sono profondamente toccata e dispiaciuta per quello che è successo a quella gente.

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