L'Associazione
Serial Killer
Casi irrisolti
Pubblicità
L'opinione
News
Store
Link utili
Cinema
Libri
Serial Pixel
Area sondaggi
Rassegna Stampa
Sala multimediale
Virtual Tears
spacer
ATTENZIONE! Da oggi, nell'area STORE, potrete acquistare dei gadget personalizzati con il marchio "SERIAL KILLER CULT". Per maggiori informazioni contattate direttamente la redazione alla E-mail: info@serialkiller.it. Distinti saluti 
Elisabetta Ballarin, viso da angelo, adoratrice del Diavolo

MILANO. Chi la conosce bene dice che ci sono tantissime immagini della vita ancora acerba di Elisabetta Ballarin, occhi grandissimi dietro a lenti sottili, sorriso senza un filo di trucco, capelli lunghi e lisci come appena spazzolati. In una lei è Lilibeth, la bambina vivace che saltava in braccio a Gianni Brera, il giornalista che era di casa, amico di suo padre Alberto, cronista di sport alla «Gazzetta» e poi alla «Padania», morto l’estate scorsa ucciso da un infarto e da questo scempio inflittogli dalla vita: «La mia era una bambina bella e brava, non questa occultatrice di cadaveri come raccontano i magistrati e i giornali». Poi c’è la ragazzina per bene di quattordici anni che va a scuola dalle suore Orsoline e ama i «Metallica», chitarre d’acciaio, musica dura come il suo look tutto rigorosamente nero: dagli occhi bistrati in modo pesante agli anfibi e ai maglioni sformati, dall’anello con il pentacolo satanico alla collana con la croce rovesciata. «Ma dai mamma che ce l’ha anche Madonna...». E invece era già una premonizione. Poi c’è l’immagine di due sere fa, dentro un’aula di Tribunale a Busto Arsizio, quando la si vede stringere forte la mano di una «Bestia di Satana» mentre ascolta la sentenza a 24 anni e 3 mesi di carcere, con l’aggravante della crudeltà per aver partecipato all’omicidio di Mariangela Pezzotta, uccisa con un colpo di pistola e poi a badilate in testa nello chalet di Golasecca. «Dopo la sentenza mia figlia mi ha telefonato dal carcere», racconta sua madre Cristina. «Mi ha parlato del futuro, del suo futuro. Mi ha detto: “Mamma, sono giovane. Quando uscirò da qui ci saranno nuove tecnologie. Mi farò mettere in testa un chip e tornerò ad avere vent’anni come oggi. La chirurgia estetica farà il resto...”. E’ chiaro che mia figlia avrà un futuro, si tratta di capire solo quale tipo di futuro». Il presente per adesso è solo una cella nel carcere di Monza assieme ad altre due detenute, finite qui dopo essere arrivate alla Malpensa con la pancia piena di ovuli di eroina. «Mia figlia studia. Voleva fare medicina. Ovviamente non può. Ha scelto giurisprudenza, magari un giorno farà l’avvocato. Due volte la settimana può andare in biblioteca. I libri glieli porto io. Un’insegnante del liceo le fa da tutor». Nella vita di Elisabetta Ballarin scandita dalle lentissime lancette della prigione ci sono poche persone che le sono veramente vicine. Una è Cristina, sua madre: «E’ la mia regina. Il mio punto di riferimento». Poi c’è la tutor. E c’è Silvia De Gasperin, vent’anni come lei, sua compagna di classe dai tempi delle medie fino alle Orsoline e mezza vita insieme, prima che Elisabetta si bruciasse il futuro tra alcol, eroina, cocaina, tavor e bestie sataniche: «Io sono una ragazza normale, ma ho capito che Elisabetta non era più lei. Ma certe cose non aveva il coraggio di dirmele. Usava giri di parole, scuse. Solo adesso ho capito che dietro alla sua freddezza c’era solo un meccanismo di difesa». Un’autodifesa innanzitutto da Andrea Volpe, il suo fidanzato dieci anni più grande, l’uomo che l’ha voluta vicina mentre sparava a Mariangela Pezzotta per poi travolgerla con le sue confessioni: «Avevo fatto capire ad Elisabetta che prima o poi sarebbe stata sistemata anche la Mariangela». E ancora: «E’ stata lei ad accorgersi che era ancora viva, ma a quel punto Nicola aveva già iniziato a colpirla con la pala...». Nicola Sapone è l’unico che è stato condannato all’ergastolo. E’ il ragazzo con la barba e il maglione bianco al quale Elisabetta stringe forte la mano in aula. E’ a lui che lei scrive: «Sono sicura. Avremo un futuro fuori di qui». La mamma di Elisabetta, Cristina, nega che stiano insieme. Silvia De Gasperin, l’amica di sempre conferma: «Sono solo molto amici. Lo erano prima, lo sono ancora di più adesso». Ma è chiaro che nel gesto di stringere quella mano, c’è molto di più della voglia di affrontare con qualcuno davvero vicino la paura della sentenza. Forse c’è tutta la fragilità di questa ragazzina che sembra ancora una bambina, con un padre assente e la famiglia disgregata, che a quindici anni si attacca a uno come Andrea Volpe, conosciuto in discoteca, con cui condivide tutto: lo chalet nei boschi di Golasecca, il metallo pesante a cento decibel in sala prove, l’eroina e il tavor fino all’incubo di quella notte, l’anticamera dell’inferno. «O forse la sua liberazione. Perché mia figlia era fragilissima. Sono convinta che la droga o Andrea me l’avrebbero uccisa. E’ terribile dirlo, in questa storia in cui ci sono persone morte e famiglie che soffrono più di me». Anche l’amica di sempre, parla di un rapporto succube, di una ragazzina che non vede l’ora di uscire di casa: «Andrea era tutto questo. Era magnetico, le dava forza. Lei era la sua principessa. Quando aveva 14 anni, sognava già di essere libera. Andrea per un certo periodo ha rappresentato tutto questo. Adesso che lui l’ha tradita, ai suoi occhi non è più niente. Niente di niente». L’ultima immagine di Elisabetta sembra scattata un secolo fa e invece era solo il 22 Luglio 2003, il giorno del suo diciottesimo compleanno. «E’ stato quando mia figlia mi ha annunciato che se ne sarebbe andata di casa, a vivere con Andrea. Non voleva più studiare, lavorava come commessa al duty-free di Malpensa. Mi ha detto: “Sono sicura che non ti piace, ma sei stata tu a dirmi che le persone non vanno giudicate dall’aspetto”. Quel ragazzo era molto più grande di lei, non aveva né arte né parte, faceva l’operaio a tempo perso. Ma nessuno in paese aveva qualche tipo di sospetto...». Ci sono errori che poi si pagano con la vita. E che altri come Mariangela Pezzotta pagheranno più duramente di tutti. «Mia figlia ha fatto molta fatica a parlare con il padre di Mariangela. Si sono incontrati un giorno in aula. Lei aveva paura. Mi diceva ”Mamma, per favore scrivi tu”. Io non credo che mia figlia sia arrivata ancora a una presa di coscienza totale di quello che è successo. Ha ricordi confusi, fa fatica a collocare nello spazio certi avvenimenti. Quando era viva chiamava Mariangela per nome. Adesso che è morta, dice solo “la ragazza”».

Cerca nel Sito
 
Link utili
disclaimer
ricordiamo ai navigatori, che lo studio celsus non [...]
 

Entra nella community di Serial Killer e lascia messaggi sul nostro Guestbook.


ATTENZIONE! Da oggi puoi seguirci anche su FaceBook e Twitter e interagire con noi tramite questi popolari social network. Buona visione


spacer
spacer
spacer
(C) Copyright 2010 by Serial Killer Cult ® - P.I. 90022850508