Mario Vanni, detto "Torsolo", di professione portalettere, è rimasto particolarmente famoso come "inventore" involontario della locuzione "compagni di merende", che i media ricavarono dalla caricatura di una sua espressione. Sentito infatti come testimone al processo contro Pacciani, il postino, alla domanda «Lei che fa di mestiere?» rispose in modo inatteso e illogico «Io sono stato a fa' delle merende co' i' Pacciani!», suscitando l'ilarità generale e facendo supporre al PM che fosse stato istruito alle risposte. Il suo continuo, goffo e reticente riferimento a tali "merende", oltre a determinarne l'incriminazione, produsse l'ironico modo di dire, usato per indicare persone legate da un rapporto losco. Il Vanni ha dimostrato durante lo svolgimento del processo un atteggiamento ostile nei confronti dei giudici, dettato in maggior parte dall'ignoranza, dalla paura e dalla sua età avanzata che non gli permetteva forse di comprendere lucidamente lo svolgersi delle udienze. Viene allontanato dall'aula dopo aver lanciato una maledizione sul PM e aver dichiarato la sua fede per Mussolini. Dei "compagni di merende", Vanni fu condannato al carcere a vita. La condanna, per soli quattro degli otto duplici omicidi, è stata resa definitiva nel 2000 dalla Corte di Cassazione.