Vigevano. Per l'ultima volta la mano omicida l'ha alzata su di sè. Milena Quaglini, alla vigilia della sentenza per il suo terzo assassinio, ha deciso di farla finita. All'una e cinquanta di martedì notte una agente del carcere di Vigevano l'ha trovata nella sua cella, appesa a una corda. Il suo cuore batteva ancora. E' arrivata subito un 'ambulanza e la donna è stata portata al pronto soccorso dell'ospedale civile. Ma alle 2 e 15 il cuore si è fermato definitivamente. Gli infermieri hanno chiuso gli occhi della donna. Se n'è andata con le sue angosce e il suo vissuto di tragedie e abusi, violenze fatte e subite. Quarantaquattro anni, tre omicidi alle spalle, due mariti, tre figli e tanta violenza. La prossima settimana avrebbe dovuto affrontare il giudizio della Corte di assise di Pavia. Il suo terzo processo per omicidio, quello di Angelo Porrello, un operaio di Bascapè. Era rea confessa e si aspettava una condanna dura. Per l'omicidio più remoto (che risale al 1995), quello del un pensionato di Este, Giusto Dalla Pozza, era stata condannata a venti mesi. Avendo reagito a un tentativo di violenza sessuale, è stata condannata solo per eccesso di legittima difesa. Per aver eliminato il marito Mario Fogli il 2 Agosto del 1997 avrebbe dovuto scontare 6 anni e 8 mesi. Aveva ottenuto un supersconto di pena perché riconosciuta semi-inferma di mente. Ma a Pavia sarebbe andata diversamente, Milena lo sapeva. Per cercare di capire la causa del suo gesto estremo bisogna ripartire da qui: dall'ergastolo che, si dice, il pubblico ministero volesse chiedere.