ERBA (COMO) - Rilievi minuziosi, quasi maniacali, nel cortile interno al cascinale ristrutturato di via Diaz. I vicini di casa ascoltati in maniera sempre più pressante. La scena del delitto, le vie di fuga viste e riviste più volte. L'appartamento, che per l'ennesima volta è stato analizzato nell'ultima settimana, e che è ancora sotto sequestro, a 3 settimane dalla strage. Poi è saltato fuori un appiglio, un indizio che ha portato gli inquirenti a convincersi di avere imboccato la pista definitiva per risolvere il giallo di Erba, ma anche a sospettare una persona, che per la prima volta in modo concreto, sembra prendere le sembianze del killer. Poi la svolta. Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi arrestati per la strage di Erba, ieri hanno finalmente confessato. Non soltanto «parziali ammissioni », come ha rivelato il loro legale, Pietro Troiano. Ma di più, molto di più. Sono loro, quindi, gli autori della carneficina che l’11 dicembre, esattamente un mese fa, costò la vita a Raffaella Castagna, a suo figlio Youssef, a sua madre Paola Galli e alla vicina di casa, Valeria Cherubini, moglie dell’unico sopravvissuto al massacro: Mario Frigerio. Mentre tentava di sgozzare l’uomo, Olindo Romano si è macchiato del suo sangue e poi, quando è salito in macchina per correre a Como a crearsi l’alibi, non ha notato le piccole macchie lasciate sul sedile, lato guida. Un errore dei tanti commesso dalla coppia, che ha spiegato che i quattro sono stati uccisi con due coltelli e una spranga. Sul ruolo di lei saranno resi noti oggi maggiori dettagli. Sembra che sia stato «attivo» (e anche l’ipotesi di concorso in omicidio lo conferma) ma non si capisce ancora fino a che punto abbia partecipato alla carneficina. Forse ha usato uno di quei due coltelli. L’avvocato Troiano ha già fatto sapere che per la donna chiederà la scarcerazione, quindi non è escluso che il suo sia stato un favoreggiamento e che ieri la sua confessione abbia riguardato più che altro le fasi concitate per coprire il massacro e aiutare il marito a farla franca. Il faccia a faccia tra i due, il procuratore e i quattro pubblici ministeri che hanno seguito l’inchiesta (Simone Pizzotti, Mariano Fadda, Antonio Nalesso e Massimo Astori) è durato più di dieci ore. Dieci drammatiche ore di dettagli, di ricostruzioni, di ammissioni. E di conferme del racconto di Frigerio, che ha dato il contributo fondamentale alle indagini facendo il nome del vicino e rilevando anche i più piccoli particolari di quei momenti di orrore. Era stato lui stesso a parlare della lama di un coltello (le armi fino a ieri non sono state ritrovate) che gli tagliava la gola. Anche quando l’autopsia non aveva ancora detto di che arma poteva trattarsi. Aveva descritto come la lama gli era entrata nel collo, addirittura che sensazione aveva provato. Aveva parlato dell’espressione «indemoniata» di Olindo mentre lo picchiava, lo schiacciava a terra per ucciderlo. La «pistola fumante» per incastrare Olindo Romano e sua moglie è di ieri mattina. Gli esiti sulle macchie di sangue sulla Seat non lasciavano scampo, soprattutto per lui che è il solo a guidarla. E poi i carabinieri avevano avuto la certezza che la coppia non fosse davvero stata a Como nel lasso di tempo della strage. Non erano a cena quella sera, come avevano voluto far credere presentando uno scontrino che secondo loro avrebbe dovuto scagionarli. Era la ricevuta di un McDonald’s del centro città. Il totale, l’ora e nemmeno un dettaglio di quel che avevano ordinato. L’orario su quel pezzettino di carta diceva 21.30, ampiamente «compatibile», dicevano già prima della confessione gli inquirenti, con l’esecuzione della strage. Olindo e Rosa hanno fatto di tutto per nascondere le tracce, hanno fatto sparire le armi e sono corsi nel capoluogo, una quindicina chilometri da Erba. Poi, poco prima di mezzanotte, sono rientrati a casa per farsi notare dai vicini e dai vigili del fuoco, per dire che erano stati fuori a cena, per mostrare sgomento davanti al racconto di chi quella sera trovò i cadaveri. Oggi, a un mese da quello scenario di sangue e fuoco (incendiarono l’appartamento di Raffaella) il giallo è risolto e i quattro morti potranno finalmente essere restituiti alle famiglie. Sono stati concessi i nulla osta per i funerali, come Mario Frigerio aveva chiesto ieri al procuratore. Davvero una storia terribile!